sabato 12 giugno 2010

Escort

Menabrea calda, questa storia di non mettere la birra subito in fresco è vecchia. La stappa comunque. Raccoglie il quotidiano lasciato la mattina sul tavolo e non ancora sfogliato.

Torna a sprofondare nel divano, con birra e giornale.

L’attualità fa calare la saracinesca della sua piccola realtà. Bubi, con la sua discreta cultura, la sua capacità di critica, la sua educazione alla civiltà, ha maturato disgusto per certi affari economici e politici ma anche la ferrea determinazione ad informarsi e ad approfondire la notizia. Riflette sul mondo e sul costume, Bubi. Spesso con una perspicacia disarmante.

Lella, Lucy, Morena e le altre sono lontane, almeno per un po’. Titoloni, sottotitoli e qualche articolo di respiro internazionale. Poi, tra il serio e il faceto, si addentra in una vicenda di escort. Non malignate, lettori. Mi corre l’obbligo di chiarirvi che non è depravazione, Bubi non è affetto da ossessione monotematica, non ha il chiodo fisso del sesso per intenderci…

E’ proprio la depravazione che anima, offusca, depista ad attirare la sua applicazione. Si concentra in quella lettura e trova sfumature che indignano e caricature graffianti. Gli esseri umani ne escono senza giacca e cravatta. E quello adesso potrebbe farlo ridere o franare.

Ma ci voleva, si, ci voleva proprio l’incursione nella società a brandelli e nel perverso gioco degli specchi, delle manovre, dei ricatti, degli imbrogli e delle deviazioni. A Bubi non arrivavano come scandali gli eventi, naturalmente. Ma la matassa delle macchinazioni, degli espedienti, dei vincoli velenosi. E quel fiume in piena di supposizioni, rivelazioni, collegamenti.

Così di nuovo si affacciano apatia e disappunto. Si sente impotente davanti a tutto, Bubi. A quello che accade dentro e intorno a lui.

Frustrazione. Uno di quei fardelli che quando bussano forte alle tempie potrebbero far impazzire chiunque. Uno stato di inadeguatezza e di patimento dal quale Bubi era solito mettersi in salvo con l’immersione nella baldoria cosmica. Dei sensi, appunto. Mentre il terrore monta suona il citofono.

Bubi si mette a sedere, di scatto. Un’ombra si allunga sul suo volto in quel torpore delle gambe e della testa: vorrebbe una visita piacevole e al tempo stesso è impreparato, stizzito. Quella giornata deve finire, è un inferno!

Il citofono suona nuovamente.

Si guarda: la camicia stropicciata che penzola sui pantaloni slacciati e un paio di infradito che hanno conosciuto anni migliori…

CONTINUA

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